Quando un décolleté fa più rumore della fisica (e perché dovremmo parlarne)
Beatrice LencioniCondividi
C’è qualcosa di profondamente stonato nell’aria quando il corpo di una donna diventa, ancora una volta, più interessante delle sue parole.
Succede spesso, troppo spesso. Ma quando a subirlo è una scienziata, una donna che sale su un palco per parlare di fisica quantistica – e la conversazione deraglia a causa del suo abito – allora no, non possiamo restare in silenzio. È successo a Gabriella Greison, fisica, scrittrice, divulgatrice, appassionata di onde, particelle e storie. E quello che è accaduto a Taormina non è solo il riflesso del solito sessismo stanco. È lo specchio di un problema più grande: quello di chi ancora non riesce ad ascoltare senza giudicare, di chi misura il valore con il metro della pelle esposta.
Gabriella era stata invitata come madrina d’onore alla cerimonia di laurea dell’Università di Messina, che si teneva nel Teatro Antico di Taormina. Un luogo incantevole, sacro all’arte e alla conoscenza. Era il 20 luglio 2025, il caldo opprimente – 44 gradi dichiarati – e lei arriva in aeroporto con un vestito verde chiaro, sorridente, in uno di quei video che le piacciono tanto, in cui condivide con ironia la sua quotidianità da scienziata “pop”. Un gesto normale, umano, empatico. Ma quello che molti hanno visto non è stato il suo entusiasmo, né il suo ruolo da madrina, né il contenuto dell’invito. No. Hanno visto la scollatura.
E allora è successo quello che oggi chiamiamo backlash: un’ondata di commenti al vetriolo, violenti, sessisti, squallidamente familiari. “Che poppe quantistiche”, “togliti quel vestito”, “non sei più una ragazzina”… Come se bastasse un centimetro di pelle in più a rendere le sue parole meno valide. Come se l’abito avesse, da solo, disintegrato anni di studio, talento, lavoro. Un assalto al confine invisibile tra corpo e cervello, tra apparenza e valore.
Gabriella, però, non è una che sta zitta.
Ha risposto. Lo ha fatto con l’intelligenza che la contraddistingue e con quella leggerezza che non è mai superficialità, ma scelta consapevole di stile comunicativo. Ha detto: “Nel 2025 una donna bella può parlare di fisica quantistica, emozionare una platea e scegliere da sola cosa mettersi. Anche se è scollato. Sì, anche se si distrae. Si chiama choc culturale”. E come darle torto?
Il punto non era l’abito. Il punto è che una donna è salita su un palco, ha parlato di onde, di Schrödinger, di futuro… senza dover per forza nominare un uomo, senza chiedere il permesso, senza scusarsi per esistere. E questo, per qualcuno, è ancora destabilizzante. Non siamo nuovi a questa dinamica. Quando una donna rompe lo schema, viene prima osservata, poi giudicata, infine silenziata. Ma stavolta qualcosa è andato storto: Gabriella ha rilanciato.
Ha detto: “Provate a usare il cervello e a posizionarvi nell’anno in corso, con tutte le lotte che sono state fatte da quelle prima di me”. E poi, ancora: “Non c’è un dress code per la dignità. Se cercate la decenza in un centimetro di stoffa, invece che nel contenuto delle parole, vi consiglio un esperimento: aprite uno spazio. Aprite la mente”.
E così, tra un post e una citazione, tra un meme condiviso e una riflessione più profonda, si è sollevata un’altra ondata, ma stavolta dalla parte giusta. Migliaia di persone – studenti, professoresse, genitori, appassionati – hanno applaudito il suo intervento a Taormina. Quello vero. Quello fatto con voce, idee e coraggio. Perché sì, Gabriella sul palco ci è salita davvero. Con un abito rosso leggero, elegante, con un microfono in mano e uno sguardo che non chiedeva scusa a nessuno. Ha parlato di scelte difficili, di rivoluzioni silenziose, di libertà. Ha ricevuto 4.000 applausi sinceri.
Ed è in questo momento che voglio fermarmi e farti una domanda: tu, che stai leggendo, come reagiresti? Se fossi lì, davanti a una donna che parla con passione, ti fermeresti alla forma? O riusciresti a vedere la sostanza?
Io, nel mio lavoro di counselor, incontro tante persone – donne e uomini – che si sono sentiti giudicati per come appaiono, prima ancora che ascoltati per ciò che sentono. È una ferita invisibile, ma profonda. Per questo questa storia mi tocca così da vicino. Perché riguarda tutte le volte in cui abbiamo voluto dire qualcosa e ci è stato chiesto prima di coprirci. O di dimostrarci. O di “meritare” di essere presi sul serio.
Quello che ha fatto Gabriella è stato semplice e potente insieme: ha scelto di non difendersi, ma di raccontarsi. Ha usato la sua visibilità per ricordare che il rispetto non si misura in centimetri di stoffa. E che il valore di una persona non si trova nel colletto della camicia, ma nella qualità del pensiero.
In fondo, la verità è che c’è ancora chi non riesce a vedere un corpo e un cervello nella stessa persona. È come se una donna dovesse sempre scegliere: o sei competente o sei femminile. Come se non potesse esserci una scienziata con il rossetto, una filosofa con i tacchi, una counselor con una scollatura. Ma sai che c’è? Esiste. Esistiamo. E se ti fa paura, forse è proprio lì che devi guardare.
Perché in quella paura si nasconde la resistenza al cambiamento. E il cambiamento, lo sappiamo, fa rumore.
Nel frattempo, Gabriella continua a scrivere libri (ne ha pubblicati tredici), a portare in scena i suoi spettacoli in Italia e all’estero, a parlare di fisica in modo pop, accessibile, appassionante. E a sorridere. Perché anche quello, per qualcuno, è disturbante: che una donna si senta bene con sé stessa, e lo faccia vedere.
Il mondo brucia, i ghiacciai si sciolgono, l’intelligenza artificiale legge il pensiero... e noi ancora qui a scandalizzarci per un décolleté. A chi giova?
Forse allora è il momento di fare spazio. Spazio alle idee, alle voci, ai corpi, alle libertà. Spazio per chi non rientra nei canoni ma decide di esserci comunque. Spazio per noi. Perché più ascoltiamo queste storie, più comprendiamo quanto ogni giudizio superficiale tolga valore a ciò che invece ha davvero importanza: il contenuto. Le parole. I messaggi.
Se anche tu senti che è tempo di superare certi limiti invisibili ma soffocanti, ti invito a fare un passo in più. Se vuoi approfondire come lavorare su questo ascolto autentico, ti lascio il mio spazio: https://beatricelencioni.it. Ci trovi parole che parlano al cuore, e non solo alla mente.
Se invece senti che è il momento di avere un confronto più personale, puoi scrivermi direttamente dalla sezione contatti, che trovi qui: https://beatricelencioni.it/pages/contact. E se ti va di iniziare con un colloquio gratuito, senza impegno, per esplorare insieme cosa può significare per te riconquistare la tua voce, puoi prenotarlo qui: https://beatricelencioni.it/pages/colloquio-online-gratuito.
La dignità non ha dress code. La libertà non ha centimetri da rispettare. Il rispetto comincia da ciò che scegliamo di guardare. E ogni volta che diamo valore a una persona, e non solo al suo involucro, stiamo già facendo rivoluzione.
Quindi, la prossima volta che ti trovi davanti a un abito un po’ scollato o a un giudizio pronto, fai un esperimento: ascolta. Potresti scoprire che dietro a quella scollatura… c’è un universo intero.
E sì, anche se è fisica quantistica. Anche se emoziona. Anche se brilla.
Anche se, semplicemente, è libera.