Il coraggio di porre limiti | Beatrice Lencioni Counselor

Quando i figli pretendono e tu non riesci a dire no

Beatrice Lencioni

C’è una sera, magari come tante altre. La cena è quasi pronta, il telefono vibra, la giornata è stata lunga e vorresti solo cinque minuti di pace. Poi arriva lui o lei, tuo figlio, con quella richiesta che sembra innocente ma che sai già dove porterà. “Mamma, papà… posso avere un altro gelato? Posso restare ancora al telefono con gli amici? Possiamo comprare quella cosa adesso?”

E lì, dentro di te, parte un dibattito che conosci bene. Da una parte l’amore che ti spinge a volerli vedere sempre felici, dall’altra la consapevolezza che cedere sempre non li aiuterà a crescere. È un momento delicato, in cui dire “no” sembra la scelta più difficile… eppure, a volte, è proprio la più giusta.

Perché i figli pretendono tutto

I bambini e i ragazzi non chiedono “tutto” per cattiveria o per vizio, anche se a volte può sembrare così. Chiedono perché è nel loro istinto testare i confini, capire fino a dove possono arrivare. È un po’ come quando da piccoli spingono una porta per vedere se è chiusa: non è ribellione pura, è esplorazione.

Viviamo anche in un’epoca che, senza volerlo, alimenta questa dinamica. Pubblicità, social, compagni di scuola: tutto intorno sembra dire che il “subito” è meglio del “più tardi”. E così, non appena nasce un desiderio, parte l’aspettativa di soddisfarlo.

Il problema non è la richiesta in sé, ma cosa accade quando quella richiesta viene sempre esaudita. È lì che, lentamente, i confini si sfumano e il “tutto” diventa una pretesa costante. E quando ciò succede, i figli rischiano di crescere senza la bussola emotiva che li aiuta a distinguere tra ciò che vogliono e ciò che è giusto.

Il valore dei limiti

Mettere limiti non è una forma di freddezza, è un atto d’amore. Un limite, se posto con rispetto, diventa come un guardrail su una strada di montagna: non toglie libertà, ma la protegge.

I figli, anche se non lo dicono, hanno bisogno di sapere dove finisce il “posso” e dove inizia il “non posso”. È un confine che dà sicurezza, che li aiuta a muoversi nel mondo con una mappa chiara. Quando un genitore sa dire “no”, insegna anche a tollerare la frustrazione, a scoprire che non sempre la vita risponde subito a tutti i nostri desideri.

Non è facile. A volte sembra quasi che mettere limiti significhi essere meno amati, ma nel lungo periodo accade l’opposto: i figli imparano a fidarsi di te, perché sanno che sei stabile, coerente, e che il tuo “no” è per il loro bene.

Il “no” educativo

Dire “no” non significa imporre senza spiegare. Un “no” educativo è chiaro, motivato, e pronunciato senza rabbia. Significa prendersi il tempo di dire: “Capisco che lo vuoi, ma in questo momento non è possibile, e ti spiego perché…”.

Questo tipo di risposta è molto diverso dal “no perché ho detto io” o dal “vedremo” che rimane sospeso nel vuoto. Quando spieghi, anche se il figlio protesta, stai seminando qualcosa di prezioso: la capacità di comprendere le regole, non solo di subirle.

Mi è capitato, durante un colloquio, di sentire una madre raccontare di una sera in cui suo figlio voleva restare sveglio fino a tardi per guardare un film. Lei, invece di cedere, ha spiegato che il giorno dopo avrebbe avuto una verifica importante e che il sonno era più prezioso di qualsiasi finale di film. Lui ha sbuffato, ma il giorno dopo, tornando soddisfatto dalla scuola, ha ammesso che forse aveva avuto ragione lei. Forse non è sempre così immediato, ma questi piccoli momenti costruiscono mattoni solidi.

Le difficoltà reali dei genitori

Non raccontiamoci storie: dire “no” è difficile. Ci sono giornate in cui il lavoro ti ha prosciugato, la casa è un caos e l’ultima cosa che vuoi è affrontare un braccio di ferro con tuo figlio. In quei momenti la tentazione di dire “va bene” solo per avere un attimo di pace è fortissima.

E poi c’è il senso di colpa. Quel tarlo che ti dice: “Forse sono stato/a troppo duro/a. Forse l’ho ferito/a”. O la paura di sembrare un genitore “cattivo” agli occhi degli altri.

Ma è proprio qui che serve fermarsi un momento e ricordarsi che educare non significa compiacere sempre. Significa anche reggere il peso di un figlio arrabbiato o deluso, sapendo che stai facendo il tuo dovere.

Quando il senso di colpa prende il sopravvento, può essere utile parlarne con qualcuno di esterno, che ti aiuti a vedere le cose con più chiarezza. Io stessa, nel mio lavoro di counselor relazionale, incontro tanti genitori che arrivano stremati non tanto dai figli, quanto dal loro stesso conflitto interiore.

Strategie pratiche per farsi rispettare

La prima strategia è la coerenza. Se un giorno dici “no” e il giorno dopo, per lo stesso motivo, dici “sì”, il messaggio che passa è confuso. I figli imparano in fretta che insistendo abbastanza si può cambiare la tua decisione.

La seconda è la chiarezza: spiega sempre il motivo del limite, adattando il linguaggio all’età di tuo figlio. Anche se sembra che non ascolti, qualcosa resta.

La terza è l’empatia. Non significa cedere, ma riconoscere l’emozione dell’altro. Puoi dire: “Capisco che sei deluso, anch’io lo sarei”, e allo stesso tempo mantenere la decisione.

E infine, dai l’esempio. Se vuoi che imparino a rispettare i limiti, mostra come tu stesso/a rispetti regole e tempi. I figli imparano più da ciò che vedono che da ciò che sentono dire.

I benefici a lungo termine

Può sembrare strano, ma i figli che crescono con limiti chiari e amorevoli diventano spesso adulti più sicuri di sé. Imparano a gestire la frustrazione, a rispettare gli altri, a capire che i desideri non si realizzano tutti e subito.

Sanno attendere, organizzare le proprie priorità, distinguere tra un bisogno e un capriccio. E soprattutto, sviluppano un senso di fiducia verso i genitori che li hanno guidati, anche quando era scomodo.

Un giorno, forse anni dopo, ti sentirai dire: “Grazie per non avermi dato sempre tutto. Grazie perché mi hai insegnato a farcela da solo/a”. E in quel momento capirai che ogni “no” che hai detto con amore ha costruito un pezzo della loro libertà.

Essere genitori non significa dare sempre, ma dare ciò che serve davvero. 

Significa avere il coraggio di essere il punto fermo in un mondo che corre veloce, di essere il porto sicuro ma anche il vento che spinge a crescere.

Se senti che questa sfida ti sta pesando, sappi che non sei solo/a. Nel mio lavoro incontro ogni giorno madri e padri che vivono lo stesso conflitto e che, passo dopo passo, imparano a trovare un equilibrio tra affetto e fermezza.

Puoi leggere altri spunti e riflessioni sul mio sito, contattarmi direttamente dalla pagina dedicata o, se senti di avere bisogno di uno spazio in cui parlare liberamente delle tue difficoltà, prenotare un colloquio gratuito online. A volte basta un confronto per scoprire che il “no” che fa paura oggi è il “sì” al futuro di domani.

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