
Il silenzio che non scegli: quando le parole non escono e nessuno capisce
Beatrice LencioniCondividi
Ti è mai successo di entrare in una stanza e sentire che, anche volendo, la tua voce non ne vuole sapere di uscire? Di avere le parole chiare nella testa, pronte a prendere forma... e poi niente. La bocca resta chiusa, la gola si stringe, e il mondo continua a girare come se nulla fosse. Ma tu, dentro, lo senti. Quel vuoto. Quel peso. Quella frustrazione che nessuno sembra vedere.
E forse, per troppo tempo, hai pensato fosse solo colpa tua.
Ma non lo è.
Quando parlare diventa impossibile, anche se potresti
Il mutismo selettivo negli adulti non è solo una difficoltà a parlare. È una frattura sottile tra ciò che vorresti dire e ciò che riesci a dire davvero. È uno sforzo silenzioso, invisibile, che consuma dentro. Puoi parlare perfettamente con chi conosci, con chi ti fa sentire al sicuro. Ma poi, in certe situazioni — al lavoro, in un gruppo nuovo, davanti a un'autorità, in una telefonata — improvvisamente la voce si spegne.
E quello che per gli altri è "solo parlare", per te diventa un'impresa titanica.
Non è perché sei timido. Né perché sei insicuro. Né, tantomeno, perché sei "strano".
È qualcosa che va più a fondo. Qualcosa che merita ascolto, comprensione. E soprattutto, rispetto.
Non sei solə. E non sei sbagliatə
Se ti riconosci anche solo in parte in queste parole, voglio dirtelo subito: non sei l’unicə a vivere questo silenzio. Anche se intorno a te sembra che tuttз parlino con facilità, senza sforzo, senza paure, in realtà molte persone convivono ogni giorno con questo blocco invisibile. Solo che se ne parla poco. Quasi mai.
Perché è difficile da spiegare. Perché spesso, chi non lo vive, non capisce.
A me capita spesso, durante i colloqui, di sentire frasi come:
"Vorrei parlare, ma mi si blocca tutto."
"Mi sento come se stessi tradendo me stessə quando non riesco a dire ciò che provo."
"Odio il silenzio, ma non riesco a romperlo."
E ogni volta che ascolto queste parole, sento il bisogno di creare uno spazio in cui tu possa esistere, esprimerti, senza doverti spiegare o giustificare. Uno spazio dove il tuo silenzio venga accolto, e non forzato a diventare voce prima del tempo.
A chi succede?
Forse lo vivi da sempre. Magari, da bambinǝ, ti dicevano che eri timidǝ, chiusǝ, o che “non parlavi mai”. Ma tu lo sai: quelle parole, dentro, c’erano. E ci sono ancora.
Oppure il blocco è arrivato più tardi. Dopo un evento difficile. Una relazione dolorosa. Una delusione che ti ha segnato nel profondo.
In ogni caso, non è mai troppo tardi per capirlo. E, se lo desideri, per iniziare un cammino che ti aiuti a liberare la tua voce. Con i tuoi tempi. Con rispetto.
Quando il silenzio non protegge più
Spesso, il mutismo selettivo nasce come un tentativo (profondamente umano) di protezione. Dal giudizio, dal fallimento, dal rifiuto. Ma a lungo andare, ciò che ti proteggeva può iniziare a farti del male.
Ti impedisce di dire ciò che provi.
Ti fa sentire isolatǝ.
Ti lascia fuori da conversazioni, relazioni, opportunità.
E la cosa più dolorosa è che nessuno sembra accorgersene.
Ma io voglio dirtelo chiaro: se stai lottando per trovare la tua voce, il tuo sforzo è reale. E merita rispetto.
Uno spazio per essere ascoltatǝ, senza dover parlare per forza
Nel mio lavoro come counselor relazionale e olistica, ho imparato una cosa preziosa: non serve forzare la voce per iniziare un cambiamento.
A volte, la guarigione inizia proprio dal silenzio.
Il mio compito non è quello di farti parlare “subito”, o “bene”. Il mio compito è stare con te nel silenzio, accompagnarti nel riconoscere cosa c’è lì dentro, sotto quel blocco. Cosa vuole dirti. Cosa ti serve.
Durante i colloqui — online o in presenza a Torino — creo uno spazio dove il silenzio non è un ostacolo, ma un linguaggio da decifrare insieme.
Possiamo usare le parole, ma anche il corpo, il respiro, i disegni, la scrittura. A volte basta un gesto. A volte bastano degli occhi che non giudicano.
Se vuoi iniziare questo percorso senza pressioni, puoi farlo con un colloquio gratuito, in cui ci conosciamo e decidiamo insieme se continuare.
Il mutismo selettivo non è tutta la tua storia
Non sei "quella persona che non parla". Sei molto di più. Sei tutte le cose che senti e che non riesci ancora a dire. Sei la tua forza nel resistere, la tua sensibilità, la tua profondità.
E il fatto che tu stia leggendo queste parole, forse con un nodo in gola o un po’ di commozione, è già un segno. Stai cercando un ponte tra te e il mondo. E quello è un inizio potente.
Quali situazioni attivano il blocco?
Forse succede quando devi prendere parola davanti a più persone.
O magari quando qualcuno ti fa una domanda diretta, e tu lo sai che potresti rispondere, ma il corpo si blocca.
Oppure solo in certi luoghi — in un ufficio, davanti a una figura che senti “autoritaria”, o persino in famiglia, con chi ti ha fatto sentire piccolǝ.
La mente lo sa che potresti parlare. Ma la gola si chiude. La voce si spegne.
E allora usi messaggi, mail, piccoli segnali per dire quello che non riesce a uscire a voce.
Io ti vedo. E ti capisco.
Quando trovi finalmente qualcuno che non vuole "aggiustarti"
Ci sono momenti in cui tutto ciò che desideri è essere ascoltatǝ, senza sentirti un problema da risolvere. Qualcuno che non ti dica “parla!” o “non è difficile!”. Ma che stia con te nel tempo del silenzio. Che ti accompagni, senza spingerti.
Nel mio studio — o nei miei colloqui online — accade spesso che le parole arrivino piano. Che ci si prenda tempo. Che si lavori anche con il corpo, con la respirazione, con piccoli strumenti di rilassamento. Che ci si affidi alla fiducia, più che alla performance.
Non c’è nulla da dimostrare. Solo da esplorare.
Se vuoi saperne di più, puoi visitare questa pagina dove racconto il mio approccio, oppure scrivermi direttamente dalla pagina contatti.
E se la voce tornasse a essere casa?
C’è un momento, nei percorsi di ascolto, in cui accade qualcosa di tenero e potente: la voce inizia a tornare. A piccoli passi. Magari con una frase detta sottovoce. Magari con un sorriso dopo tanto silenzio.
E non serve che sia perfetta. Non deve “piacere” a nessuno.
Deve solo essere tua.
Il tuo silenzio è un invito, non un fallimento
Ti lascio con una riflessione, forse la più importante:
Il silenzio che vivi non è una condanna. È una soglia.
Una porta che, se vuoi, possiamo aprire insieme.
Io ci sono. Ti ascolto, anche quando non parli.
E se vorrai, sarò lì, passo dopo passo, finché la tua voce tornerà a essere casa.
Beatrice Lencioni
Counselor Relazionale e Olistica
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