Beatrice Lencioni Counselor

Accoglienza verso se stessi e il proprio corpo: un cammino di riconnessione e amore

Beatrice Lencioni

Ci sono cose che si imparano sulla pelle. Nel vero senso della parola.

Cresci in un mondo che ti dice come dovresti essere. Come dovresti pesare. Come dovresti camminare. Come dovresti parlare. E poi ti ritrovi a guardarti allo specchio e non riconoscerti, perché quello che vedi non coincide con l’idea di “giusto” che ti hanno insegnato. Io ci sono passata.

Da ragazzina, ero quella “troppo sensibile”, quella che aveva “le gambe grosse”, quella che non sapeva imporsi. Mi prendevano in giro per il mio corpo, per la mia voce, per la mia lentezza. Venivo bullizzata senza capire davvero perché, e col tempo avevo imparato a fare finta di niente. Sorridevo fuori, mentre dentro cercavo di diventare invisibile.

Oggi, dopo anni di cammino personale e professionale, so che tutto quello che ho attraversato ha messo radici nel lavoro che svolgo come counselor. Offro uno spazio sicuro perché so quanto è importante trovarne uno. L’ho cercato a lungo. E quando non esisteva, ho imparato a costruirlo per me stessa. Ora lo metto a disposizione di chi, come me, si è sentitǝ fuori posto nel proprio corpo e nel proprio sentire.

Questo non è solo un articolo: è un invito. A fare pace con te stessǝ. A tornare a casa. A guardarti nello specchio con occhi nuovi, più gentili, più veri.

Quel corpo che volevano cambiassi

Sai qual è la cosa più dolorosa? Non è tanto la presa in giro. È il momento in cui cominci a crederci. Quando senti che non vali abbastanza solo perché non entri in quella taglia, non ti muovi come gli altri, non rispondi alle aspettative.

Il bullismo legato al corpo ti scava dentro. Ti convince che sei sbagliatǝ. Ti allontana da quella parte di te che invece ha solo bisogno di essere ascoltata. E il dolore si nasconde in tanti modi: nel silenzio, nei sorrisi forzati, nell’evitare gli specchi, nel continuo paragone con gli altri.

Io l’ho vissuto in prima persona. E se ti senti così, voglio che tu sappia che non sei solǝ. Capisco quanto sia difficile anche solo pronunciare certe cose ad alta voce. Per questo, nel mio lavoro, ho creato uno spazio dove nessuno deve dimostrare nulla. Dove puoi semplicemente essere. Se vuoi iniziare da un primo passo semplice, puoi farlo anche con un colloquio gratuito, senza pressioni, solo ascolto.

Quando il corpo diventa un nemico

Per anni ho vissuto nel corpo come in un campo di battaglia. Ogni parte era sotto osservazione, ogni centimetro una fonte di disagio. Non si trattava solo di estetica: era una continua ricerca di approvazione. Speravo che se fossi riuscita a "migliorarmi", allora mi avrebbero voluto bene. O almeno lasciata in pace.

Eppure il corpo non voleva altro che essere amato. Che essere accolto. Che essere riconosciuto come casa.

Accogliere il corpo non è un gesto romantico, ma un atto rivoluzionario. Significa ascoltarlo quando ha fame, quando è stanco, quando ha paura. Significa ringraziarlo per tutto quello che ci fa vivere ogni giorno: un abbraccio, una passeggiata, una risata improvvisa. Significa anche imparare a chiedergli scusa quando lo maltrattiamo con il nostro disamore.

E non è un processo lineare. Ci sono giorni in cui ti senti forte e allineatǝ, e altri in cui tutto vacilla. Ma non è questo il punto. Il punto è restare. Restare con te stessǝ anche quando fa male. Anche quando tornano le vecchie voci che ti criticano. Anche quando ti senti più fragile.

Perché accogliersi è il contrario della rassegnazione

Lo so, può sembrare un paradosso. “Se mi accolgo così come sono, smetto di crescere?” Assolutamente no.

Accogliersi è il primo passo per una trasformazione autentica. Non quella dettata da ciò che il mondo si aspetta da te, ma quella che nasce da un desiderio profondo: stare bene con chi sei. Non per essere perfettǝ, ma per essere liberǝ.

L'accoglienza ti libera da quella trappola sottile che ti spinge sempre a correggerti. Ti restituisce la possibilità di cambiare per amore, non per paura.

È un po’ come in un percorso di counseling: non si tratta di “aggiustare” qualcuno, ma di accompagnarlo a riscoprire le proprie risorse. A dare un nome a ciò che sente. A riconoscere il proprio valore. Se vuoi sapere come può funzionare un accompagnamento di questo tipo, puoi scoprirlo direttamente dal mio sito: beatricelencioni.it.

Il trauma silenzioso del giudizio

Spesso chi ha vissuto episodi di bullismo legati al corpo sviluppa, senza saperlo, una profonda disconnessione interiore. Si innesca una voce interna costante che giudica, corregge, punisce. È un meccanismo di difesa che, col tempo, diventa prigione.

Ogni volta che ci guardiamo allo specchio e ci diciamo “non vado bene”, quella voce si rafforza. Ogni volta che rifiutiamo uno scatto, un invito, un vestito, quella voce applaude. È sottile, persistente, e si insinua anche nelle scelte più piccole.

Riconoscere questa dinamica è fondamentale. È il primo passo per disinnescarla. Perché il giudizio non ci protegge. Ci separa. Ci allontana da noi stessǝ.

L’auto-compassione: un linguaggio nuovo per parlarsi dentro

Quando ho cominciato a praticare l’auto-compassione, all’inizio mi sembrava una sciocchezza. Dicevo frasi tipo “Merito di essere amata” e subito sentivo la voce del dubbio: “Ma chi ti credi di essere?”

Col tempo ho capito che era normale. Erano gli strascichi di un vecchio modo di vivere. Ma ho continuato, giorno dopo giorno, a parlarmi come avrei parlato a unǝ bambinǝ impauritǝ. Ho imparato a dire “Va bene sentirsi così” invece di “Reagisci!”. Ho imparato a chiedere “Cosa ti serve?” invece di “Perché sei ancora così?”

E sai una cosa? Ha funzionato. Non come un interruttore, ma come un seme che cresce piano, e che ogni giorno trova un po’ più di luce.

Ristabilire una relazione di fiducia con il proprio corpo

C'è un momento in cui, se ti fermi abbastanza, riesci a sentire il corpo che ti parla. Non con le parole, ma con i segnali, i ritmi, le emozioni. È come ritrovare un vecchio amico con cui avevi perso i contatti.

Ristabilire una relazione di fiducia col corpo significa anche imparare a rispettarne i limiti, senza viverli come un fallimento. Vuol dire ascoltare i segnali di stanchezza, dare valore al bisogno di riposo, riconoscere la fame e la sazietà non come nemici, ma come bussola.

Non è semplice, soprattutto se hai passato anni a trattarti con durezza. Ma ogni gesto gentile verso il tuo corpo è un messaggio potente: “Non devo più combatterti. Possiamo allearci.”

Il corpo cambia, ma l’amore può restare

C’è una cosa che mi commuove sempre durante le sedute: quando una persona riesce a dire “Ora riesco a guardarmi con più tenerezza”. Non significa che non abbia più difficoltà. Ma qualcosa è cambiato. Lo sguardo. Il tono. La relazione.

Il corpo cambia: con l’età, con la vita, con le scelte. Ma possiamo imparare a restare in relazione anche quando non ci riconosciamo più. Anche quando quel corpo non risponde come prima. Anche quando porta i segni della sofferenza.

Amarsi non significa piacersi sempre. Significa restare. Restare presenti. Restare sincerǝ.

Se ti senti inadeguatǝ, non sei solǝ

A volte bastano poche parole per cambiare il corso di una giornata. O di una vita.

Se ti senti inadeguatǝ, se hai la sensazione di combattere ogni giorno con il tuo corpo o con la tua immagine, voglio dirti una cosa: non sei solǝ. E non sei sbagliatǝ.

C’è un posto in cui puoi raccontarti senza paura. Dove non serve essere forti. Dove puoi portare tutto, anche quello che fa male. È questo lo spazio che offro nel mio lavoro come counselor. E puoi scoprirlo anche semplicemente scrivendomi da questa pagina.

Tornare a casa

Accogliere se stessǝ non è una moda. Non è una teoria. È una pratica quotidiana, concreta, coraggiosa.

È sedersi accanto al proprio dolore e non scappare. È imparare a parlarsi in modo nuovo. È smettere di rincorrere approvazione e cominciare a costruire radici dentro.

Io ci sono arrivata dopo anni di lotta. Dopo aver creduto di dover cambiare tutto di me per essere amata. Dopo aver provato, sbagliato, ricominciato.

E oggi, se posso accompagnare qualcunǝ in questo cammino, è perché l’ho percorso anch’io.

Se senti che questo è anche il tuo momento, puoi iniziare da un gesto semplice: prenota un colloquio gratuito. Sarà uno spazio solo tuo, dove puoi tornare a essere te stessǝ. Forse per la prima volta.

E se vuoi esplorare altri percorsi di riconnessione e consapevolezza, puoi farlo attraverso il mio sito beatricelencioni.it, dove troverai risorse, articoli e strumenti che possono sostenerti.

Perché sì, è possibile fare pace con il proprio corpo. È possibile sentirsi di nuovo a casa. Ed è possibile, anche per te.

Nota sull'immagine di copertina
L’Enso, il cerchio dipinto con un solo gesto di pennello nella tradizione Zen, rappresenta l’unità, la pienezza e l’accoglienza del momento presente così com’è. Non è un cerchio perfetto: è completo nella sua imperfezione, come lo siamo anche noi. Ho scelto questa immagine perché racchiude il cuore dell’articolo — l’idea che accogliersi non significhi aggiustarsi, ma riconoscersi interamente, corpo e anima, con gentilezza e verità.

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